Cara Giulia




Cara Giulia,
volevo ringraziarti per il bellissimo trucco festivity che mi hai fatto l'altra mattina, per esserti emozionata insieme a me durante i miei folli racconti, per avermi applicato un copriocchiaie infallibile e per aver preparato le mie labbra ai baci.
Cara Giulia, a te che sei bella giovane e solare volevo dire che non si decide che il proprio destino sarà avverso e pieno di solitudine, perché semplicemente non è così, non pensarlo mai.
Cara Giulia, volevo raccontarti come è andato quel giorno speciale e segreto, un giorno di vento freddo e mimose e cielo improvvisamente pulito.
Cara Giulia volevo dirti che la parola difficile che usa tua sorella per indicare assurde ed inspiegabili storie di sintonia e chimica in esplosione, forse non la conosco nemmeno io, però so che non ce l'ha insegnato nessuno a me ed a lui.
Non ce lo ha insegnato nessuno a stare insieme.
Nessuno ci ha indicato come fare per ascoltarci, per accarezzarci, per essere vicini.
Non ci è voluto del tempo per imparare a ridere fino alle lacrime ed a commuoverci mentre ci ascoltiamo.
Mai è stato il tempo di darci regole ed adattarci l'uno all'altro.
Abbiamo iniziato a stare insieme in maniera inaspettata e ci è venuto da subito benissimo.
Volevo dirti Giulietta bella, che non c'era quasi nessuna interferenza esterna, dentro la nostra bolla, nella nostra isola nascosta era pieno di noi, che lì dentro ci veniva tutto semplice.
Era una bolla soffiata con le nostre labbra, una bolla calda e delicata, una bolla inventata, protetta ma fragile come una placenta, una bolla senza rumori che non fossero nostri.
Volevo dirti Giulia, che non mi passava mai la voglia di sentire le sue storie assurde, di seguirlo nei viaggi fantastici che ha fatto da ragazzo quando aveva il braccialetto di cuoio ed i capelli lunghi, ed in quelli che sta per fare.
Vedessi com'era bello Giulia, con la barba selvaggia ed il cappello da esploratore in giro per il mondo.
Mi veniva spontaneo come un riflesso prendergli il viso e baciarlo e nascondermi dentro di lui.
Eravamo perfetti dentro al cerchio dello specchio del bagno scoordinato, avresti dovuto vederci, ed anche quando mi rinfilavo le calze mentre lui si rivestiva raccontando ancora.
Volevo dirti Giulia, che c'era il sottile, quotidiano, incuneato dolore del separarsi fra pochissimo, per rivedersi quando e chissà.
C'era il silenzio dopo l'incontro, un incontro al quale non si trovavano parole da aggiungere, lì s'era già detto tutto.
C'era lo stupore rinnovato dell'essersi ancora una volta ritrovati nonostante la fitta selva delle difficoltà, nonostante il districato percorso delle nostre vite altrove.
C'era il pensare a noi due invece, una volta a casa, da sola, la sera tardi, mentre tutti dormivano, e quasi rivederci e risentirci, costruendo un ricordo indisciplinato e capriccioso che restava fermo su alcuni momenti e poi scorreva e si incagliava ancora, dove più gli piaceva indugiare.
C'erano i messaggi segreti lanciati come ragnatele da parti opposte della città, che ci facevano ridere od arrossire tutto ad un tratto ovunque stessimo.
C'eravamo scritti Giulia, parole balsamiche e pensieri più avvolgenti delle coperte di lana in inverno.
Ed anche il linguaggio di noi era tornato presto chiaro e definito, solo nostro ed irripetibile, il nostro codice originale che lasciava uscire parole senza controllo, spontanee come fiori di campo.
C'era il momento in cui eravamo uno nelle braccia dell'altra e ci veniva da chiederci: "ed ora come si fa?".
Ad un tratto devi sapere Giulia, che lui mi hai preso il mento fra le mani e mi ha detto:" l'amore mio ha fame".

Non sapevo che rumore facessero le nocciole nella sua bocca, carissima Giulia, ora lo so, ed è un suono dolcissimo.



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