Io sono



Io sono il mare, le sue onde, la sua brezza frizzante,i primi bagni di primavera, gli scogli che filtrano l'acqua,l'odore di sale e di pesce che porta il vento.
Io sono la sabbia sottile che scorre sulla pelle, quando scotta a metà del giorno e brucia a tradimento.
Io sono l'ombra dei boschi, il profumo umido di terra e funghi, le more selvatiche e le spine dei rovi.
Io sono la montagna aspra, alta e prepotente,il maglione indossato in alta quota a riparare i brividi, il panino al formaggio nello zaino.
Io sono la salita verso la vetta, il fiato spezzato, io sono la discesa che sfilaccia le ginocchia, il temporale improvviso che fa tremare la terra, sono la pioggia incessante che ti cola nelle ossa.
Io sono il lago, le sue anse rotonde, la sua stasi, la sua calma,l'immobilità dell'acqua.
Del lago io sono lo scuro del profondo, il guazzetto brodoso dei pensieri, la melma e la sabbia che avviluppa le gambe incapaci di spingere.
Del lago io sono il mulinello impazzito, il frullare dei battiti del cuore, la bocca che cerca l'aria.
Io sono il rossetto mezzo cancellato dopo il pranzo, il rimmel trascinato da una lacrima che non volevo piangere, le gote rosse dopo un imbarazzo.
Io sono la domenica mattina quando c'è il sole, e la notte d'estate che si gonfia di vento fresco a portare il sonno sulle palpebre stanche dell'uomo.

Sono gli occhi che non ci guarda più dentro nessuno, perchè ci ho nascosto così tanto dentro, che il colore è mutato.

Commenti

Massimo ha detto…
Quante cose sei.
Di sicuro allora ci siamo già incontrati.

Io sono il mezzo di chiavi di casa che le fessure tra gli scogli non restituiscono, gli alti lai a spaventare i gabbiani.
Io sono quello che ancora oggi come un bambino sorride ebete a vedere le caviglie che spariscono sotto la risacca.
Io sono quello che entra nel mare gelido camminando in punta di piedi ad allontanare di pochi passi il contatto dal basso dell’acqua con il costume.
Del lago io sono la cruna.
Sono l’aquilone che la brezza porta sui cavi in tensione.
Sono la pleurite che caspita ero sicuro che il maglione l’avevo messo nello zaino.
Sono l’epatite che davvero ti giuro sembrava un porcino.
Sono le lacrime della visagista che ti aveva consigliato cosmetici di maggiore qualità.
Io sono quello che si tuffa tra i flutti con lo stesso entusiasmo di un pesce rosso gettato nel water.
Io sono il menisco che in montagna agogna la sosta.
Io sono la Lacoste nuova baciata dai rovi.
Io che ho sempre preferito le bionde ammodino alle more selvatiche.
Io e te uniti nell’abbraccio estremo del Domopak con il panino al formaggio. Un amore breve ma intenso, scandito e scolpito nelle poche ore che il fato ci assegna. Solo ieri io arrotolato su me stesso, tu prigioniera di un’antica credenza o languente su un ripiano di frigo inferiore. Oggi avvinti da togliere l’aria. Domani muffa.
silvia ha detto…
Si ci siamo già incontrati.
La muffa fa venire la listeriosi, ma crea anche il gorgonzola, che sulla pizza quattro formaggi è una bontà.
La muffa è l'odore di cantina di nonna e presepio, cose antiche, conservate, belle per sempre.
Come noi, che, avvinti nel nostro sottovuoto virtuale, resteremo belli per sempre.
Noi.
Massimo ha detto…
Bentornata Silvia.
Più in forma che mai.

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